Vivere Cristo nel triduo pasquale: il pane spirituale con cui nutrire la nostra vita nel mondo
Immergersi in un triduo pasquale può essere l’occasione per vivere un tempo di particolare forza spirituale provando ad affrontarlo con lo spirito disteso a farsi toccare dal mistero. La liturgia di questi giorni, intensa, cadenzata e perfettamente empatica con il segno che esprime, racconta e trasmette ogni istante degli ultimi momenti del Cristo. Per poter affrontare e cogliere ogni singolo sapore e pensiero, per poter meditare la passione e viverla accanto al nostro Gesù ci si deve far capaci di mettere un piede nello squarcio del tempo che proprio la croce ha reso possibile e, da lì, sospesi nell’eterno fissato, provare a saggiare lo sgomento del terrore, dell’orrore, della propria incapacità, della desolazione della perdita, fino alla rinascita della speranza, all’annuncio della verità che non ha più mezzi termini, ma si frappone, ora sì, nel tempo, per essere respirata a pieni polmoni e raccontata a quanti incontreremo.
Immergersi nei tre giorni del triduo pasquale significa lasciare da parte tutto il resto, pur vivendoci in mezzo, richiede di predisporsi al grande lavoro che ogni giorno richiede e saper contemplare il mistero che, nella liturgia, si avvicina così nettamente da sembrar voler travolgerci e traboccare la sua verità.
In questi tre giorni infatti la liturgia accompagna ogni passo del Cristo, ci prepara già dagli inizi della Settimana Santa con le letture della Passione e ci porta nell’ultima cena, dentro il giardino degli ulivi, nel pretorio, vicino a Pietro, da Pilato, con Erode e poi lì, lungo il cammino verso il calvario, ed infine sulla croce. Nei due giorni in cui si vive l’assenza del Cristo sulla terra, si piangono i nostri peccati, la nostra incapacità di farci vicini, simili a lui. Si prova a stargli accanto, lì presso l’altare della reposizione, vegliando con lui nel momento della sofferenza più grande, dell’abbandono, della cattura: in silenzio, sapendo che non potremmo sollevarlo dai suoi dolori, ma potremmo offrire il nostro amore, la nostra offerta. Se la Messa in Coena Domini celebra il mistero dell’Eucarestia che nostro Signore ha voluto istituire poco prima di lasciarci, la liturgia della Croce, porta Cristo alla morte, verso quel pungiglione che non avrà la vittoria, che sarà sconfitto, ribaltato in nuova vita. Mentre le campane sono legate e non suoneranno più fino alla Pasqua, ci si appresta con l’animo ovattato da queste sensazioni all’attesa e, ripercorrendo il tempo, dalla creazione alla Passione, si svelano i diversi piani temporali della storia dell’uomo che, come in un libro straordinario ed unico, o meglio, eterno, potremmo dire addirittura vivo, portano tutti alla stessa pagina, quella della Croce, da cui Cristo dona fino all’ultima stilla di sangue, rifondendo in noi la sorgente della vita nuova, così come ai primordi il Padre raccolse le acque sotto il cielo. In questa pagina eterna ed attuale la vita risorge, ricominciando a riportare la luce nel mondo dopo che le tenebre hanno oscurato il cielo, così come nella veglia del sabato le luci riaccese e le campane ci annunciano la Risurrezione ed il cuore, rallegrato nella speranza, torna ad esultare la gloria di Dio.
Per provare ad assimilare e saggiare quanto più possibile dell’immenso bagaglio spirituale di questi giorni, la Chiesa ci ha lasciato una liturgia che ci prende per mano e ci fa da bussola per orientarci nel mistero. Per poter vivere questi istanti, sta a noi farci contemplativi in mezzo al mondo, trovare il coraggio e la forza di sospendere il lavoro e disporci al digiuno, alla veglia, alla gioia e non renderle delle pause nella quotidianità della vita che si interrompe solo durante la funzione. Il nostro essere di Cristo, il nostro essere Famiglia di Cristo, sta anche nel saper assumere quell’atteggiamento che qualunque madre, padre o figlio assumerebbe davanti al proprio familiare che deve vivere un momento appassionato. Si deve riuscire ad abbandonare per poche ore il mondo per farsi carico delle pene del mondo e tornarvi colmi del pane spirituale che la Pasqua ci ha portato, per provare poi a portarla anche a quanti sono lontani, avversano o non conoscono più le gioie della vita con Cristo. Vivere questi giorni, parteciparvi con la propria presenza, disponibilità, preghiera e servizio è il pane spirituale di cui dobbiamo nutrire la nostra scelta di vita cristiana. Una vita che vuole camminare puntando e portando verso Cristo, sapendo che non ci è dato riposo, sollievo e che saremo chiamati a testimoniarlo sulla nostra pelle, sul luogo di lavoro, in casa, nelle strade. Certi però che la scelta d’amore per Cristo, vissuta nella famiglia, nella professione, nell’apostolato instancabile come quello dei primi cristiani, ci porterà verso la ricompensa finale, verso la vita eterna che aneliamo. Allora saremo con Cristo, uniti nella Chiesa, suo corpo mistico e stretti ai nostri compagni di viaggio che porteremo, con noi, a Lui.