Avvento: il tempo della speranza in cui il Verbo si fa carne
L’Avvento è il grande periodo liturgico che precede il Natale: un tempo di attesa e preparazione per la venuta di nostro Signore Gesù Cristo. È il tempo della speranza, in cui il Verbo si fa carne e porta il suo annuncio di salvezza fino ai confini della terra, a tutte le genti. E’ un tempo di conversione, in cui la sua venuta, questo squarcio nella cortina del tempo, vivifica la nostra esistenza, e nel silenzio della mangiatoia risuona la potenza della parola incarnata.
La Chiesa, infatti, guarda all’Avvento come ad un tempo necessario riservato alla preparazione: prepararci a vivere e a rendere lode al grande mistero dell’incarnazione di Cristo. In queste quattro settimane, mentre l’attesa del Salvatore si fa via via più breve, dobbiamo provvedere a rendere il nostro animo sempre più pronto e capace a riceverlo. Per questo siamo chiamati a coltivare la preghiera, secondo le belle tradizioni che la pietà popolare in questo tempo suscita, guidati dalla liturgia che ci detterà i toni e dirigerà il nostro spirito nella la pratica dei sacramenti. L’accostarsi alla confessione più frequentemente, dopo aver esaminato attentamente ciò che ci tiene ancora lontani dal Signore, sarà un mezzo efficace per rendere la nostra anima un luogo sontuoso dove ospitare la nuova venuta del Salvatore; tutto ciò per evitare di trovarci come Zaccaria, ossequiosi alla legge del Signore ma dubbiosi o incerti dei suoi prodigi.
Disponiamoci dunque nell’attesa della nascita di Gesù ispirandoci a Maria e Giuseppe: serbando e meditando ogni giorno nel nostro cuore la grandezza e l’amore sottesi alla venuta di Cristo, pur continuando a svolgere i nostri doveri, irreprensibili e apostoli nel lavoro, nella vita familiare, nel servizio agli altri. Come Giuseppe e Maria attendevano che il velo sul mistero si sollevasse, obbedienti in viaggio verso Betlemme, così anche noi possiamo disporci a partire sulla strada di un nuovo anno liturgico: questo sotto il segno di Maria, come la liturgia della I domenica di Avvento ci ricorda, e dunque percorrere le orme di Colei che per prima ci insegna ad aprire le porte della nostra vita a Cristo.
Questo nuovo anno dobbiamo scegliere e desiderare di viverlo abbracciati a Cristo, stretti alla Croce, ma piccoli ed umili come si fece lui nella mangiatoia. Sorretti dalla nostra famiglia in Cristo, troveremo nell’altro, nella relazione che instauriamo e siamo chiamati a santificare, un luogo possibile, uno strumento prezioso per vivere alla luce di Cristo, consapevoli che la nostra figliolanza divina nasce anche in quella culla. Allora guardando al più grande che si fece più piccolo, inerme e indifeso, sottratto al comando di morte dall’amore del Padre e protetto nell’esilio dall’oblazione della madre, potremo capire meglio la distanza che ci separa da questa venuta. Nella misura in cui sapremo farci piccoli, figli fedeli, lavoratori infaticabili, obbedienti e affidati alla volontà del Padre, saremo prossimi al Natale di Nostro Signore Gesù Cristo. Quando nella preghiera e nell’esame della nostra vita spirituale avremo valutato quanto ancora siamo lontani dal vivere autenticamente questo Natale potremo prendere le misure del mistero che ci apprestiamo a vivere e tenere fisso davanti al nostro sguardo l’amore infinito che nell’incarnazione spoglia se stesso della sua condizione celeste per farsi come noi.
Ripenseremo allora a Dio che ci crea ed ama, che per bontà infinita si fa nostro alleato, ci invia il Figlio suo unigenito, che nell’amore ci salva unendo il cielo alla terra, offrendo se stesso, facendosi lui stesso ponte, Pontefice, tra l’uomo e Dio, Egli, vero uomo e vero Dio. Quindi potremo ricordarci quanto bella possa essere questa attesa, questa fervida preparazione alla festa. Perché non c’è attesa più bella, soave di quella dell’amato, dell’amore sognato che finalmente ci appare in carne ed ossa e chiede solo amore incondizionato. Non c’è attesa più dolce di quella del ritorno del padre che aspettiamo fiduciosi nel desiderio di sentirci al sicuro tra le sue braccia. Non c’è attesa più tenera di quella dell’amico con cui condividere e camminare.
Ancora una volta, noi privilegiati figli della Chiesa di Dio, fratelli nella nostra Familia Christi, possiamo gustare le primizie della nostra appartenenza a Cristo, nella Chiesa e nella nostra famiglia. Ma ancora uno sforzo ci è richiesto: chiederci cosa possiamo fare noi per Cristo, come possiamo accoglierlo e farlo vivere in noi. Riflettendo su come sia avvenuta la nascita di Gesù, quanti eventi naturali e soprannaturali siano occorsi, come sia stato necessario prepararla, quante persone siano state coinvolte, ripensando quindi a come Dio abbia predisposto gli uomini e la terra al suo Avvento, ricordiamo anche noi di predisporci egualmente nella pratica del servizio innaffiato dalla carità.
Come sottolineava la prof.ssa Tommasina Alfieri, facendo “tutto nella carità”, vivendo in modo speciale il supremo comandamento dell’amore, facendoci sempre più aderenti al nostro carisma, vivremo nell’altro l’amore della nostra offerta a Cristo. Ciascuno nella propria condizione cercheremo l’abnegazione personale per esaltare il nostro amore nel servizio offerto al più piccolo, al più bisognoso, all’ultimo che sarà specchio di Cristo e dono di salvezza.
Nel prossimo eserciteremo la carità che ci tiene uniti e saldi davanti al male, all’insofferenza, al dolore del mondo. Guardando ai principi portanti della nostra Opera, preghiera e servizio, potremo rinvigorire il fuoco dello spirito di sacrificio, lavorando nell’umiltà, piccoli come in una mangiatoia, abbassati lontani dall’orgoglio per passare nella porta stretta.
In tutti questi atti d’amore saremo sorretti dalla fortezza che l’amore di Cristo soffia in noi, dalla mano del fratello che ci rialza quando cadiamo, dal sorriso del più piccolo salvato prima di annegare. Allora questa sarà la nostra attesa che cureremo perdonando e riconciliandoci, senza lasciare che questo Natale ci colga impreparati al suo arrivo ma, al contrario, ci trovi con l’anima libera dal peccato e lieta di aderire a Cristo nell’amore incondizionato che vivremo nel prossimo, nella nostra Opera e nella società, emozionati e commossi nella gioia di poter cantare con gli angeli Gloria in excelsis Deo.